Di cosa parliamo quando parliamo di pace

In occasione del Festival della pace, che avrà inizio la prossima settimana, la rubrica Pace è…, in uscita il giovedì, approfondisce dieci dimensioni della pace attraverso interviste a “gente del mestiere”. 

Prendendo le mosse dalla guerra in Ucraina, ogni specialista risponde alle stesse tre domande declinate secondo l’ambito di competenza di ciascuno : pace è civismo (Danilo Amadei – Casa della Pace di Parma), pace è dialogo interreligioso (Mario Menin – Missionari Saveriani), pace è diritto (Antonio D’Aloia – Rete delle Università Italiane per la Pace), pace è disarmo (Francesco Vignarca – Rete Italiana Pace e Disarmo), pace è donna (Roberta Maggiali – Casa delle Donne e Donne in Nero di Parma), pace è ecologia (Enrico Ottolini – Europa Verde Parma), pace è educazione (Aluisi Tosolini (Rete delle Scuole di Pace), pace è informazione (Marco Deriu – Università di Parma), pace è lotta antimafia (Emilia Bennardo – Libera Parma), pace è testimonianza (Novita Amadei – scrittrice). (L’ordine alfabetico delle voci non corrisponde necessariamente all’ordine di uscita degli articoli). 

Nell’indagare questi aspetti, non parliamo di “pace e…”, con la e della congiunzione, ma di “pace è…”, col verbo essere a esprimere identificazione. La cultura della pace, infatti, non può essere pensata indipendentemente da queste dimensioni così come di una persona si descrive il genere e l’età, le filiazioni, affiliazioni e così via.  

Senza una cultura della pace, l’individuo rinuncia a una parte essenziale del suo essere e delle sue potenzialità di partecipazione al cammino sociale. La pace, infatti, definisce l’umano nel suo rapporto al mondo e all’umanità presente e passata. Per citare Elie Wiesel, “la pace non è il dono di Dio alle sue creature, è il dono che ci facciamo gli uni gli altri”. È il posto che ci riserviamo reciprocamente in questo mondo, ciascuno con la sua molteplicità di appartenenze, lingue e dèi, con le sue abitudini, i suoi spazi, il suo vissuto e la sua progettualità.  

Bruno Latour, filosofo francese recentemente scomparso, diceva che “ci sono diversi modi di educare i bambini, ma c’è una sola embriogenesi”. Di fronte alle diverse declinazioni della pace, gli articoli di questa rubrica si propongono di offrire un’illustrazione della sua embriogenesi, ossia del suo processo di differenziazione e di formazione.  

Ringraziamo fin d’ora la classe 4° B (ora 5°) del liceo artistico Toschi per le immagini grafiche che accompagnano i vari articoli e, naturalmente, le/gli intervistate/i che hanno aderito a questa riflessione collettiva per la loro risposta solerte e per la ricchezza del loro pensiero. 

 

* Dal titolo della raccolta di racconti di Raymond Carver What We Talk About When We Talk About Love.

 

 

 

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